Il Comune di Casalvolone ha sottoposto “la proposta di un utente che chiede di poter effettuare compensazione tramite permuta di terreno di sua proprietà, al fine di compensare un debito Imu che ha nei confronti del Comune”. Con la deliberazione n. 35/2020, la Corte dei conti del Piemonte si è occupata della questione, valutando la possibilità per il contribuente di provvedere al pagamento dei propri debiti relativi ai tributi locali mediante cessione di un immobile.
La vicenda
Precisa il Comune che il quesito deriva “sia dal disposto dell’art. 12 del d.l. n. 98/2011, convertito in legge n. 111/2011, modificato dall’art. 1, comma 138 della legge n. 228/2012 in merito alla possibilità di effettuare operazioni di acquisto di immobili per comprovata indispensabilità e indilazionabilità, ove applicabile, al di là della congruità del prezzo attestata dall’Agenzia del demanio” sia con riferimento ad un probabile contenzioso tributario che, in assenza di liquidità del contribuente, comporterebbe un iter di riscossione coattiva durevole e di incerto risultato. Precisa che “il debito è scaturito da mancato pagamento, da più anni (2014-2018), di Imu su area edificabile, oggetto di pianificazione urbanistica di iniziativa privata mai promossa dalla proprietà, il cui valore complessivo è ampiamente superiore all’importo dovuto”.
Datio in solutum: quando è accettato?
La Sezione rappresenta che l’ordinamento, in via generale, disciplina detta ipotesi di “datio in solutum” nell’art. 1197 c.c., in base al quale “il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore lo consenta”.
Viene però osservato che l’obbligazione tributaria deve rispettare propri principi, quali: quello di legalità di cui all’art. 23 Costituzione, di capacità contributiva di cui all’art. 53 Costituzione, da cui derivano i precetti dell’universalità, della progressività, nonché dell’uguaglianza del carico tributario a cui si ricollega il principio di imparzialità disciplinato dall’art. 97 Costituzione.
Bisogna evidenziare che è il legislatore a disciplinare le fattispecie di tributo alle quali è possibile adempiere mediante prestazioni diverse dall’esatto adempimento. A tal fine il legislatore ha disciplinato specifiche ipotesi di adempimento mediante datio in solutum, per le imposte sui redditi con l’art. 28-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e per l’imposta sulle successioni e donazioni nell’articolo 39 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 in entrambi i casi in materia di beni culturali.
Va osservato che l’istituto disciplinato dall’articolo 1197 c.c. non va confuso con la compensazione, ex articolo 8, comma 1, della L. 212/2000, concernente Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.
La disposizione per i tributi locali non è analoga
Dato che ci troviamo in assenza di una normativa specifica relativa ai tributi locali, non è possibile il ricorso generalizzato all’istituto della datio in solutum ex art. 1197 c.c.. previsto dal legislatore esclusivamente per le imposte sul reddito e per l’imposta sulle successioni e donazioni, in materia di beni culturali.
Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è che l’accettazione di una prestazione in luogo dell’adempimento di un debito tributario causerebbe la cancellazione di residui attivi. Ciò inciderebbe in modo negativo sul risultato di amministrazione in particolar modo qualora dette prestazioni venissero considerate generalmente ammesse e la facoltà venisse riconosciuta a tutti i contribuenti in assenza di una disciplina specifica e tassativa. In merito alla portata applicativa, alla suddetta ipotesi, dell’art. 12 del decreto legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge che l’art. 12, comma 1 ter del D.L. n. 98/2011 si è evidenziato che detta norma ha cessato di avere applicazione dal 2020 per effetto dell’art. 57, comma 2, lett. f), D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157.