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L’esenzione Imu continua a destare problemi, la normativa è forse da rivedere?

Due casistiche particolari che continuano a creare qualche perplessità ai fini dell’esenzione: l’accatastamento unitario e la corrispondenza tra dimora abituale e residenza anagrafica.

Mariasole Vadalà

29 Giugno 2021

Nonostante la norma abbia cercato di stabilire un’interpretazione univoca per ciò che concerne l’esenzione Imu queste due casistiche continuano a trovare applicazioni differenti tra gli enti.

Accatastamento unitario sì o no?

Secondo quanto previsto dall’ordinanza n. 17408 del 17 giugno 2021 l’utilizzo di due immobili come abitazione principale non consente di fruire dell’esenzione dal pagamento dell’imposta municipale per entrambi. Affinché ciò avvenga il contribuente deve provvedere al loro accatastamento unitario poiché l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare iscritta o ascrivibile a catasto.
Il contribuente non può dunque usufruire dell’esenzione Imu a meno che non abbia preventivamente proceduto al loro accatastamento unitario.

La questione è stata negli anni molto dibattuta. Ad esempio la commissione tributaria regionale di Roma –  con la sentenza n. 2830/2018 – ha stabilito che i contribuenti che intendono usufruire dell’esenzione devono presentare un’apposita dichiarazione nel caso in cui usino due o più immobili come unica unità immobiliare destinata ad abitazione principale. In questo modo l’ente può verificare che vi sia l’effettiva sussistenza dei requisiti previsti.

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha stabilito che l’esenzione può essere riconosciuta ad un solo immobile (nella risoluzione n. 6/2002 e nella circolare n. 3/2012). La Cassazione è di parere opposto: secondo quest’ultima conta infatti l’effettivo utilizzo come abitazione principale dell’immobile a prescindere dal numero delle unità catastali (sentenze n. 25902/2008, n. 3339/2010 e n. 12269/2010).

Dimora abituale e residenza anagrafica devono corrispondere

La sentenza n. 466/2021 della Ctr per il Veneto ha stabilito che l’articolo 13 comma 2 del Dl 201/2011 va interpretato nel senso che solo l’immobile nel quale entrambi i coniugi pongono la dimora e la residenza può beneficiare dell’esenzione dal pagamento del tributo.

L’esenzione Imu spetterebbe unicamente per l’immobile in cui tutti i componenti del nucleo familiare del possessore abbiano sia dimora abituale sia la residenza anagrafica. Nel caso in cui uno dei due abbia collocato la propria residenza in un immobile diverso, l’esenzione Imu non spetterebbe a nessuno dei due.

Sono diversi gli enti che hanno accertato situazioni di irregolarità ma tanti adottano atti transativi che prevedono la riduzione, spesso addirittura l’azzeramento, delle sanzioni in applicazione dell’articolo 10 comma 3 dello Statuto dei diritti del contribuente. L’articolo “Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente” al comma 3 riporta:

Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.

A nostro avviso sarebbe opportuno ripensare l’esenzione Imu attualizzandola, considerando la complessità dell’istituto familiare e del contesto sociale in cui oggi viviamo.

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Mariasole Vadalà

29 Giugno 2021

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