È fondato il provvedimento di disconoscimento dell’esenzione dal pagamento dell’Imu per gli immobili adibiti a casa di cura privata e ad attività didattica di enti non profit, che non svolgono attività a titolo gratuito, anche se le rette richieste non coprono completamente i costi di gestione.
Questo è quanto ha affermato la commissione tributaria regionale di Roma, sesta sezione, con la sentenza n. 3654 del 20 luglio 2021.
Per aver diritto all’esenzione dall’imposta municipale unica le associazioni devono svolgere le attività didattiche o sanitarie a titolo gratuito oppure dietro il versamento di importi simbolici, “tali da coprire solamente una frazione dei relativi costi, a nulla rilevando che le rette pagate non sarebbero idonee a coprire i relativi costi”.
Le attività sanitarie svolte nelle case di cura private e le attività di istruzione organizzate negli istituti paritari comportano il pagamento di un corrispettivo per qualsiasi tipo di prestazione. Questo appare ben evidente dalla entità dei corrispettivi elargiti da coloro che usufruiscono di tali prestazioni. Ne consegue chiaro riconoscimento della natura oggettivamente commerciale delle suddette attività e del conseguente assoggettamento a imposizione degli immobili in cui le stesse si tengono.
Cosa ci dice la giurisprudenza precedente in merito?
La sentenza n. 1475/2020 della medesima commissione regionale, terza sezione, aveva precisato che se un ente non profit svolge attività commerciale l’agevolazione Imu si configura come aiuto di Stato. Non si può riconoscere un beneficio agli enti che usufruiscono di un trattamento agevolato e che comunque fanno pagare normali compensi ai propri utenti. Le scuole paritarie non possono fruire di una sovvenzione statale perché essa costituisce un aiuto di Stato che falsa la libera concorrenza, salvo che svolgano attività a titolo gratuito o richiedendo rette meramente simboliche.
Con l’ordinanza n. 10754/2017 la Cassazione ha stabilito che sono soggetti a detto pagamento gli immobili utilizzati per lo svolgimento di attività didattica anche nel caso in cui rispettino gli standard di insegnamento, accolgano gli alunni portatori di handicap, applichino la contrattazione collettiva e reinvestano gli avanzi di gestione. Non viene infatti meno la natura economica dell’attività svolta. L’esenzione non spetta nemmeno alle attività che operano in perdita né a quelle sanitarie che stipulano convenzioni con gli enti pubblici. Nel primo caso, infatti, si può esercitare un’impresa con modalità commerciali a prescindere dal risultato di gestione; nel secondo non è esclusa la logica del profitto né tantomeno viene confermato che l’obiettivo perseguito sia quello di soddisfare bisogni socialmente utili, che le strutture pubbliche non sono in grado di assicurare alla comunità.
Infine si ricorda la circolare n. 2/2009 del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia che ha fornito chiarimenti in merito alle attività che hanno diritto di fruire delle agevolazioni, fissandone i limiti. Gli enti non commerciali sono esonerati dal pagamento solo se le attività che svolgono non hanno natura commerciale. In particolare devono mancare il lucro soggettivo e la libera concorrenza.
Per la stesura di questo articolo abbiamo preso spunto dalle interessanti riflessioni di Sergio Trovato, apparse su ItaliaOggi nell’articolo dal titolo “Esenzione Imu a maglie strette” del 3 settembre 2021.